Decreto
Ministero dell'Interno 18 settembre 2002
(Gazzetta Ufficiale n. 227 del 27 settembre 2002)
Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la
progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie,
pubbliche e private
VISTA la legge 27 dicembre 1941, n. 1570;
VISTO l’art. 1.della legge 13 maggio 1961, n. 469;
VISTO l’art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 966;
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547;
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577;
VISTO il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;
RILEVATA la necessità di emanare specifiche disposizioni di prevenzione
incendi per le strutture sanitarie, pubbliche e private;
VISTO il progetto di regola tecnica elaborato dal Comitato Centrale Tecnico
Scientifico per la prevenzione incendi di cui all’art. 10 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577;
VISTO l’art. 11 del citato decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982, n. 577;
ESPLETATA la procedura di informazione ai sensi della direttiva 98/34/CE
come modificata dalla direttiva 98/48/CE;
DECRETA:
Art. 1
Scopo e campo di applicazione
1.
Il presente decreto ha per scopo l’emanazione di disposizioni di prevenzione
incendi riguardanti la progettazione, la costruzione e l’esercizio delle
strutture sanitarie di seguito elencate e classificate sulla base di quanto
riportato dall’art. 4 del D.P.R. 14 gennaio 1997 (supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 1997) in relazione alla tipologia
delle prestazioni erogate:
a)
strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo
continuativo e/o diurno;
chiarimento:
sono strutture sanitarie ospedaliere a ciclo continuativo
- ospedali e case di cura
- ospedali di rilievo
nazionale o di alta specializzazione
- aziende ospedaliere
regionali
- presidi ospedalieri delle
ASL
- policlinici universitari
- istituti di ricovero e cura
a carattere scientifico
- ospedali militari
sono
strutture sanitarie ospedaliere a tempo parziale o diurno
- day-hospital
- day-surgery
b)
strutture che erogano prestazioni in regime residenziale a ciclo
continuativo e/o diurno;
chiarimento:
si intendono tali i presidi che erogano prestazioni sanitarie specialistiche
e sanitario assistenziali, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative non
erogabili in ambito ambulatoriale o domiciliare per situazioni che non
richiedono ricovero ospedaliero:
- residenze sanitarie
assistenziali (R.S.A.)
- presidi di riabilitazione
funzionale di soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e
sensoriali
- strutture di riabilitazione
dei tossicodipendenti
- presidi di tutela della
salute mentale:
- struttura residenziale
psichiatrica
- centro diurno psichiatrico
-
day-hospital psichiatrico
c)
strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime
ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale
e di laboratorio.
chiarimento:
per laboratorio di assistenza specialistica si intende la struttura o luogo
fisico, intra o extraospedaliero, preposto alla erogazione di prestazioni
sanitarie di prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione, nelle
situazioni che non richiedono ricovero ospedaliero, neanche a ciclo diurno
-
servizi di medicina di laboratorio
-
attività di diagnostica per immagini
-
presidi di recupero e riabilitazione funzionale
- centri
ambulatoriali di riabilitazione
- centri
di salute mentale
-
consultori familiari
- centri
ambulatoriali per il trattamento dei tossicodipendenti
Art. 2
Obiettivi
1.
Ai fini della prevenzione incendi ed allo scopo di raggiungere i primari
obiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e alla
tutela dei beni, le strutture sanitarie, di cui al precedente articolo,
devono essere realizzate e gestite in modo da:
a)
minimizzare le cause di incendio;
b)
garantire la stabilità delle strutture portanti al fine di assicurare il
soccorso agli occupanti;
c)
limitare la produzione e la propagazione di un incendio all’interno dei
locali;
d)
limitare la propagazione di un incendio ad edifici e/o locali contigui;
e)
assicurare la possibilità che gli occupanti lascino il locale indenni o che
gli stessi siano soccorsi in altro modo;
f)
garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni
di sicurezza.
Art. 3
Disposizioni tecniche
1.
Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 2, è
approvata la regola tecnica di prevenzione incendi allegata al presente
decreto.
Art. 4
Applicazione delle disposizioni tecniche
1.
Fatto salvo quanto previsto al successivo comma 4, le disposizioni tecniche
riportate al
Titolo II dell’allegato si applicano
alle strutture sanitarie di cui all’articolo
1, comma 1, lettere a) e b), di nuova costruzione ed a quelle
esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nel caso
siano oggetto di interventi comportanti la loro completa ristrutturazione
e/o il cambio di destinazione d’uso.
Qualora gli interventi effettuati su locali esistenti, comportino la
sostituzione o modifica di impianti e/o attrezzature di protezione attiva
antincendio, la modifica parziale delle caratteristiche costruttive e/o del
sistema di vie di uscita, e/o ampliamenti, le disposizioni del presente
decreto si applicano solamente agli impianti e/o alle parti della
costruzione oggetto degli interventi di modifica. In ogni caso gli
interventi di modifica effettuati su locali esistenti, che non comportino un
loro cambio di destinazione, non possono diminuire le condizioni di
sicurezza preesistenti.
A
fronte di interventi di ampliamento e/o modifiche di strutture sanitarie
esistenti, comportanti un incremento di affollamento, in misura tale da
essere compatibile con il sistema di vie di uscita esistente e con
l’eventuale nuovo assetto planovolumetrico, il predetto sistema di vie di
uscita dovrà essere rispondente alle disposizioni di cui al
Titolo III.
2.
Fatto salvo quanto previsto al successivo comma 4, le strutture sanitarie di
cui all’art.
1, comma 1, lettere a) e b), esistenti alla data di entrata in
vigore del presente decreto, sono adeguate alle disposizioni riportate al
Titolo III dell’allegato entro i
termini temporali di cui al successivo art. 6. Non sussiste l’obbligo
dell’adeguamento per le strutture sanitarie:
a)
per le quali sia stato rilasciato il certificato di prevenzione incendi;
b)
per le quali siano stati pianificati, o siano in corso, lavori di modifica,
adeguamento, ristrutturazione o ampliamento sulla base di un progetto
approvato dal competente Comando provinciale dei Vigili del fuoco.
3.
Le disposizioni di cui al
Titolo IV dell’allegato si applicano
alle strutture sanitarie di cui all’art.
1, comma 1, lettera c), di nuova costruzione ed esistenti.
4.
Le disposizioni di cui al
Titolo IV dell’allegato si applicano
altresì:
a)
alle strutture fino a 25 posti letto, che erogano prestazioni a ciclo
diurno in regime di ricovero ospedaliero e/o residenziale, sia esistenti che
di nuova costruzione;
b)
alle strutture esistenti, fino a 25 posti letto, che erogano prestazioni in
regime residenziale a ciclo continuativo.
Art. 5
Commercializzazione CE
1. I
prodotti provenienti da uno dei Paesi dell’Unione Europea, o da uno dei
Paesi contraenti l’accordo SEE, legalmente riconosciuti sulla base di norme
armonizzate ovvero di norme o regole tecniche applicate in tali Stati che
permettono di garantire un livello di protezione, ai fini della sicurezza
antincendio, equivalente a quello perseguito dalla presente
regolamentazione, possono essere commercializzati per essere impiegati nel
campo di applicazione disciplinato dal presente decreto.
2.
Nelle more dell’ entrata in vigore di apposite norme armonizzate, agli
estintori, alle porte e agli elementi di chiusura per i quali è richiesto il
requisito di resistenza al fuoco, nonché ai prodotti per i quali è richiesto
il requisito di reazione al fuoco, si applica la regolamentazione italiana
vigente, che prevede specifiche clausole di mutuo riconoscimento, concordate
con i servizi della Commissione Europea, stabilite nei seguenti decreti del
Ministro dell’interno:
decreto 12 novembre 1990 per gli estintori portatili;
decreto 5 agosto 1991 per i materiali ai quali è richiesto il requisito di
reazione al fuoco;
decreto 6 marzo 1992 per gli estintori carrellati;
decreto 14 dicembre 1993 per le porte e gli altri elementi di chiusura ai
quali è richiesto il requisito di resistenza al fuoco.
Art. 6
Disposizioni finali
Fatti salvi gli obblighi ed i relativi termini di adeguamento stabiliti
nella vigente legislazione tecnica in materia di sicurezza, le strutture
sanitarie esistenti di cui al comma 2 del precedente art. 4 sono adeguate
entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto.
Il
presente decreto entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data
di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
E’
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
REGOLA TECNICA DI
PREVENZIONE INCENDI PER LA PROGETTAZIONE, COSTRUZIONE ED ESERCIZIO DI
STRUTTURE SANITARIE, PUBBLICHE E PRIVATE
TITOLO I
DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONI
1.
– GENERALITA’
1.1
- Termini, definizioni e tolleranze dimensionali
1.
Per i termini, le definizioni e le tolleranze dimensionali si rimanda a
quanto emanato con decreto ministeriale 30 novembre 1983 (Gazzetta Ufficiale
n. 339 del 12 dicembre 1983).
2.
Ai fini delle presenti disposizioni, si definisce inoltre:
a)
CORRIDOIO CIECO: corridoio o porzione
di corridoio dal quale è possibile l’esodo in un’unica direzione. La
lunghezza del corridoio cieco va calcolata dall’inizio dello stesso fino
all’incrocio con un corridoio dal quale sia possibile l’esodo in almeno due
direzioni, o fino al più prossimo luogo sicuro o via di esodo verticale.
b)
ESODO ORIZZONTALE PROGRESSIVO:
modalità di esodo che prevede lo spostamento dei degenti in un compartimento
adiacente capace di contenerli e proteggerli fino a quando l’incendio non
sia stato domato o fino a che non diventi necessario procedere ad una
successiva evacuazione verso luogo sicuro.
c)
PERCORSO ORIZZONTALE PROTETTO:
percorso di comunicazione protetto da elementi con caratteristiche di
resistenza al fuoco adeguata, con funzione di collegamento tra compartimenti
o di adduzione verso luogo sicuro.
d)
PIANO DI USCITA DALL’EDIFICIO:
piano dal quale sia possibile l’evacuazione degli occupanti direttamente in
luogo sicuro all’esterno dell’edificio, anche attraverso percorsi
orizzontali protetti.
e)
SCALA DI SICUREZZA ESTERNA:
scala totalmente esterna, rispetto al fabbricato servito, munita di
parapetto regolamentare e realizzata secondo i criteri sotto riportati:
i
materiali devono essere di classe 0 di reazione al fuoco;
la
parete esterna dell’edificio su cui è collocata la scala, compresi gli
eventuali infissi, deve possedere, per una larghezza pari alla proiezione
della scala, incrementata di 2,5 m per ogni lato, requisiti di resistenza al
fuoco almeno REI 60. In alternativa la scala esterna deve distaccarsi di 2,5
m dalle pareti dell’edificio e collegarsi alle porte di piano tramite
passerelle protette con setti laterali, a tutta altezza, aventi requisiti di
resistenza al fuoco pari a quanto sopra indicato.
1.2
- Classificazione delle aree delle strutture sanitarie
1.
Le aree delle strutture sanitarie, ai fini antincendio, sono così
classificate:
Tipo A
- aree od impianti a rischio specifico, classificati come attività soggette
al controllo del C.N.VV.F. ai sensi del decreto ministeriale 16 febbraio
1982 (Gazzetta Ufficiale n. 98 del 9/04/1982) e del decreto del Presidente
della Repubblica 26 maggio 1959, n. 689 (Gazzetta Ufficiale n. 212 del 4
settembre 1959) (impianti di produzione calore, gruppi elettrogeni,
autorimesse, ecc.);
Tipo B
- aree a rischio specifico accessibili al solo personale dipendente
(laboratori di analisi e ricerca, depositi, lavanderie, ecc.) ubicate nel
volume degli edifici destinati, anche in parte, ad aree di tipo C e D;.
Tipo C
- aree destinate a prestazioni medico-sanitarie di tipo ambulatoriale
(ambulatori, centri specialistici, centri di diagnostica, consultori, ecc.)
in cui non è previsto il ricovero;
Tipo D
- aree destinate a ricovero in regime ospedaliero e/o residenziale nonché
aree adibite ad unità speciali (terapia intensiva, neonatologia, reparto di
rianimazione, sale operatorie, terapie particolari, ecc.);
chiarimento:
sono
aree di tipo D:
- area
degenze
- sale
parto
-
neonatologia
- sale
operatorie
- sale
di rianimazione
-
terapia intensiva
- pronto
soccorso ospedaliero
-
medicina nucleare
-
radioterapia
- TAC
-
risonanza magnetica nucleare (RMN)
Tipo E
- aree destinate ad altri servizi pertinenti (uffici amministrativi, scuole
e convitti professionali, spazi per riunioni e convegni, mensa aziendale,
spazi per visitatori inclusi bar e limitati spazi commerciali) .
1.3
- Rinvio a norme e
criteri di prevenzione incendi
1.
Per le
aree di tipo A ed
E, salvo quanto diversamente previsto
nella presente regola tecnica, si applicano le specifiche disposizioni di
prevenzione incendi o, in mancanza di esse, i criteri tecnici generali di
prevenzione incendi di cui all’art. 3 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577 (Gazzetta Ufficiale n. 229 del 20 agosto
1982).
TITOLO II
STRUTTURE DI NUOVA COSTRUZIONE CHE EROGANO PRESTAZIONI IN REGIME DI RICOVERO
OSPEDALIERO E/O IN REGIME RESIDENZIALE A CICLO CONTINUATIVO E/O DIURNO
chiarimento: per
effetto dei commi 1 e 4 dell’art. 4 il titolo II si applica alle strutture
ospedaliere e residenziali:
– a
ciclo continuativo qualunque sia il numero di posti letto
– a
ciclo diurno con oltre 25 posti letto
2.
- UBICAZIONE
2.1
- Generalità
1.
Le strutture sanitarie di cui al presente Titolo devono essere ubicate nel
rispetto delle distanze di sicurezza, stabilite dalle disposizioni vigenti,
da altre attività che comportino rischi di esplosione od incendio.
2.
Le strutture sanitarie possono essere ubicate:
a)
in edifici indipendenti ed isolati da altri;
b)
in edifici o locali, anche contigui ad altri aventi destinazioni diverse
purché queste ultime, fatta salva l’osservanza di quanto disposto nelle
specifiche normative tali destinazioni, se soggette ai controlli di
prevenzione incendi, siano limitate a quelle di cui ai punti 64, 83, 84, 85,
89, 90, 91, 92 e 94 del decreto ministeriale 16 febbraio 1982.
2.2
- Separazioni - Comunicazioni
1.
Salvo quanto disposto nelle specifiche regole tecniche, le strutture
sanitarie:
a)
non devono comunicare con attività non ad esse pertinenti;
b)
possono comunicare con attività ad esse pertinenti non soggette ai
controlli dei Vigili del fuoco ai sensi del decreto ministeriale 16
febbraio 1982 e del decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio
1959, n. 689, con le limitazioni di cui al successivo punto 3.3;
c)
possono comunicare tramite filtri a prova di fumo o spazi scoperti con
le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, ad esse
pertinenti, di cui ai punti 43 (limitatamente ad archivi), 83, 84, 85,
90, 91 (ad esclusione dei locali di installazione di apparecchi per
la climatizzazione degli edifici e per la produzione centralizzata di
acqua calda, acqua surriscaldata e/o vapore), 92 e 95 del decreto
ministeriale 16 febbraio 1982;
d)
devono essere separate dalle attività indicate alle lettere a), b) e c) del
presente comma, mediante strutture e porte aventi le caratteristiche di
resistenza al fuoco richieste dalle specifiche disposizioni di prevenzione
incendi e comunque non inferiori a REI 90.
2.3
- Accesso all’area
1.
Per consentire l’intervento dei mezzi di soccorso dei Vigili del Fuoco, gli
accessi alle aree dove sorgono gli edifici oggetto della presente norma
devono possedere i seguenti requisiti minimi:
larghezza |
3.50 m |
altezza libera |
4 m |
raggio di svolta |
13 m |
pendenza |
non superiore 10% |
resistenza al carico |
almeno 20 tonnellate (8 sull’asse anteriore, 12 sull’asse posteriore,
passo 4 m) |
2.4
- Accostamento mezzi di soccorso
1.
Deve essere assicurata la possibilità di accostamento agli edifici delle
autoscale dei Vigili del Fuoco in modo da poter raggiungere almeno una
finestra o balcone di ciascun piano.
3.
- CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE
3.1
- Resistenza al fuoco delle strutture e dei sistemi di compartimentazione
1.
Le strutture e i sistemi di compartimentazione devono garantire
rispettivamente requisiti di resistenza al fuoco R e REI secondo quanto
sotto riportato:
piani interrati |
R/REI 120 |
edifici di altezza antincendio fino a 24 m |
R/REI 90 |
edifici di altezza antincendio oltre 24 m |
R/REI 120 |
2.
Per le strutture e i sistemi di compartimentazione delle aree a rischio
specifico si applicano le disposizioni di prevenzione incendi all'uopo
emanate.
3.
I requisiti di resistenza al fuoco dei singoli elementi strutturali e di
compartimentazione nonché delle porte e degli altri elementi di chiusura,
devono essere valutati e attestati in conformità al decreto ministeriale 4
maggio 1998 (Gazzetta ufficiale n. 104 del 7 maggio 1998) e successive
integrazioni.
3.2
- Reazione al fuoco dei materiali
1. I
materiali installati devono essere conformi a quanto di seguito specificato:
a)
negli atri, nei corridoi, nei disimpegni, nelle scale, nelle rampe, nei
passaggi in genere, é consentito l’impiego di materiali di classe 1.in
ragione del 50% massimo della loro superficie totale (pavimento + pareti +
soffitto + proiezioni orizzontali delle scale). Per le restanti parti devono
essere impiegati materiali di classe 0 (non combustibili);
b)
in tutti gli altri ambienti è consentito che le pavimentazioni, compresi i
relativi rivestimenti, siano di classe 2 e che gli altri materiali di
rivestimento siano di classe l, oppure di classe 2, se in presenza di
impianti di spegnimento automatico o di sistemi di smaltimento dei fumi
asserviti ad impianti di rivelazione degli incendi;
c) i
materiali di rivestimento combustibili, nonché i materiali isolanti in vista
di cui alla successiva lettera f), ammessi nelle varie classi di reazione al
fuoco, devono essere posti in opera in aderenza agli elementi costruttivi di
classe 0 escludendo spazi vuoti o intercapedini. Ferme restando le
limitazioni previste alla precedente lettera a), e consentita
l’installazione di contro soffitti nonché di materiali di rivestimento e di
materiali isolanti in vista posti non in aderenza agli elementi costruttivi,
purché abbiano classe di reazione al fuoco non superiore a 1 o 1-1 e siano
omologati tenendo conto delle effettive condizioni di impiego anche in
relazione alle possibili fonti di innesco;
d) i
materiali suscettibili di prendere fuoco su entrambe le facce (tendaggi,
ecc.) devono essere di classe di reazione al fuoco non superiore ad 1;
e) i
mobili imbottiti (poltrone, poltrone letto, divani, divani letto, sedie
imbottite, ecc.) ed i materassi devono essere di classe 1 IM;
chiarimento:
per “divano letto” e “poltrona letto” si intende il mobile imbottito nel cui
interno può prendere posto un materasso omologato separato. In questo caso
l’omologazione sarà rilasciata al prodotto privo di materasso.
Per
“divano-letto pronto” e “poltrona-letto pronta” si intende invece il
manufatto nel quale il materasso stesso costituisce seduta e schienale. La
seduta e lo schienale possono anche essere realizzati con materassi separati
e/o differenti. Tale manufatto deve essere commercializzato come prodotto
finito.
f) i
materiali isolanti in vista con componente isolante direttamente esposto
alle fiamme, devono essere di classe di reazione al fuoco non superiore ad
1. Nel caso di materiale isolante in vista con componente isolante non
esposto direttamente alle fiamme, sono ammesse le classi di reazione al
fuoco 0-1, 1-0, 1-1;
g)
le sedie non imbottite devono essere di classe non superiore a 2.
2. I
materiali di cui al comma 1 devono essere omologati ai sensi del decreto
ministeriale 26 giugno 1984 (supplemento ordinario Gazzetta Ufficiale n. 234
del 25 agosto 1984) e successive modifiche ed integrazioni. Per i materiali
rientranti nei casi specificatamente previsti dall’art. 10 del citato
decreto ministeriale 26 giugno 1984, è consentito che la relativa classe di
reazione al fuoco sia attestata ai sensi del medesimo articolo.
3.
E’ consentita la posa in opera di rivestimenti lignei delle pareti e dei
soffitti, purché opportunamente trattati con prodotti vernicianti omologati
di classe 1 di reazione al fuoco, secondo le modalità e le indicazioni
contenute nel decreto ministeriale 6 marzo 1992 (Gazzetta Ufficiale n. 66
del 19 marzo 1992).
4. I
materiali isolanti installati all’interno di intercapedini devono essere non
combustibili.
3.3
- Compartimentazione
1.
Le strutture sanitarie devono essere progettate in modo da circoscrivere e
limitare la propagazione di un eventuale incendio. A tal fine devono essere
osservate le prescrizioni di seguito indicate.
2.
Le aree di
tipo C devono essere suddivise in
compartimenti, distribuiti sul medesimo livello, di superficie singola non
superiore a 1.500 m2.
3.
Le aree di
tipo D devono essere suddivise in
compartimenti, distribuiti sul medesimo livello, di superficie singola non
superiore a 1.000 m2.
4.
Le aree di
tipo E devono essere suddivise in
compartimenti antincendio per attività omogenee e, qualora nel loro ambito
siano previste attività soggette ai controlli dei Vigili del fuoco ai sensi
del decreto ministeriale 16 febbraio 1982, queste devono rispondere ai
requisiti di compartimentazione stabiliti nelle specifiche normative di
prevenzione incendi, ove esistenti.
5. I
compartimenti delle aree di
tipo D (limitatamente alle unità
speciali quali terapia intensiva, rianimazione, neonatologia, sale
operatorie, ecc.),
E (limitatamente a scuole e convitti,
spazi per riunioni, mensa aziendale), possono comunicare con altri
compartimenti e con i percorsi di esodo orizzontali e verticali, tramite
filtri a prova di fumo o spazi scoperti.
6. I
compartimenti delle aree di
tipo C,
D (limitatamente alle aree destinate
a ricovero),
E (limitatamente agli uffici
amministrativi fino a 500 addetti e agli spazi per visitatori), possono
comunicare con altri compartimenti e con i percorsi di esodo orizzontali e
verticali, tramite porte aventi caratteristiche REI conformi a quanto
previsto per le strutture separanti al comma 1 del
punto 3.1.
7.
Le aree di
tipo B devono rispettare le
disposizioni relative alle compartimentazioni ed alle comunicazioni
impartite al successivo
punto 5.
3.4
- Limitazioni alle destinazioni d’uso dei locali
1.
Nessun locale deve essere ubicato oltre quota -10 m rispetto al piano di
uscita dall’edificio.
2. I
locali ubicati a quote comprese tra -7,5 m e -10 m, e comunque oltre il
primo piano interrato, devono essere protetti mediante impianto di
spegnimento automatico e devono immettere direttamente in percorsi
orizzontali protetti che adducano in luoghi sicuri dinamici.
3. I
piani interrati non devono essere destinati a degenza.
4.
Le aree tecniche contenenti laboratori di analisi e ricerca ed
apparecchiature ad alta energia possono essere ubicate ai piani interrati a
condizione che siano separate mediante filtri a prova di fumo dalle vie
d’accesso ai piani sovrastanti.
5. I
locali destinati ad apparecchiature ad alta energia non possono essere
ubicati in contiguità ad aree di
tipo D.
3.5
- Scale
1.
Tutte le scale devono essere almeno di tipo protetto, con caratteristiche di
resistenza al fuoco congrue con quanto previsto al
punto 3.1.
2.
Le scale a servizio di edifici destinati anche in parte ad aree di
tipo D, devono essere a prova di
fumo; per tali aree si ritiene opportuno escludere il ricorso a scale di
sicurezza esterne in quanto non compatibili con il particolare stato
psico-fisico dei ricoverati.
3. I
filtri a prova di fumo a servizio di aree di
tipo D, devono avere dimensioni tali
da consentire l’agevole movimentazione di letti o barelle in caso di
emergenza.
4.
Le scale, sia protette che a prova di fumo, devono immettere, direttamente o
tramite percorso orizzontale protetto, in luogo sicuro all’esterno
dell’edificio.
5.
Le rampe delle scale devono essere rettilinee, avere non meno di 3 gradini e
non più di quindici. I gradini devono essere a pianta rettangolare, di
alzata e pedata costanti, rispettivamente non superiore a 17 cm e non
inferiore a 30 cm. Ad esclusione delle scale a servizio delle aree di
tipo D, sono ammesse rampe non
rettilinee, a condizione che vi siano pianerottoli di riposo almeno ogni
quindici gradini e che la pedata del gradino sia di almeno 30 cm, misurata a
40 cm dal montante centrale o dal parapetto interno.
6. I
vani scala privi di aperture di aerazione su parete esterna, devono essere
provvisti di aperture di aerazione in sommità di superficie non inferiore ad
1 m2, con sistema di apertura degli infissi comandato sia
automaticamente da rivelatori di incendio che manualmente mediante
dispositivo posto in prossimità dell’entrata alle scale, in posizione
segnalata.
3.6
- Ascensori e montacarichi
1.
Tutti gli ascensori ed i montacarichi devono avere il vano corsa di tipo
protetto, con caratteristiche di resistenza al fuoco congrue con quanto
previsto al
punto 3.1.
2.
Gli ascensori non devono essere utilizzati in caso di incendio ad eccezione
di quelli di cui al successivo
punto 3.6.1.
4.
Le caratteristiche di ascensori e montacarichi debbono rispondere alle
specifiche disposizioni vigenti di prevenzione incendi.
3.6.1
- Montalettighe utilizzabili in caso di incendio
1.
Gli edifici destinati anche in parte ad aree di
tipo D devono disporre almeno di un
montalettighe utilizzabile in caso di incendio per le operazioni di soccorso
e di evacuazione da parte del personale appositamente incaricato e dai
Vigili del Fuoco. Tale montalettighe deve possedere i seguenti requisiti:
immettere in luogo sicuro all’esterno, in corrispondenza del piano di
uscita, direttamente o tramite percorso orizzontale protetto;
avere strutture del vano corsa e del locale macchinario di caratteristiche
REI 120;
immettere ai piani tramite filtro a prova di fumo di resistenza al fuoco REI
120;
avere accesso al locale macchinario direttamente dall’esterno o tramite
filtro a prova di fumo, con strutture di resistenza al fuoco non inferiori a
REI 120;
avere doppia alimentazione elettrica, una delle quali di sicurezza;
essere predisposto per il passaggio automatico da alimentazione normale ad
alimentazione di sicurezza in caso di incendio;
avere montanti dell’alimentazione elettrica normale e di sicurezza del
locale macchinario protetti contro l’azione del fuoco per un tempo almeno
pari a 120 minuti primi;
essere dotato di sistema citofonico tra cabina, locale macchinario,
pianerottoli e centro di gestione delle emergenze per l’utilizzo in caso di
emergenza;
avere vano corsa e locale macchinario distinti da quelli di altri elevatori.
4.
- MISURE PER L’ESODO IN CASO DI EMERGENZA
4.1
- Affollamento
1.
Il massimo affollamento e fissato in:
a)
aree di
tipo B: persone effettivamente
presenti incrementate del 20%;
b)
aree di
tipo C:
ambulatori e simili: 0,1 persone/m2;
sale
di attesa: 0,4 persone/m2;
c)
aree di
tipo D:
3
persone per posto letto in strutture ospedaliere;
2
persone per posto letto in strutture residenziali;
d)
aree di
tipo E:
uffici amministrativi: 0,1 persone/m2;
spazi per riunioni, mensa aziendale, scuole, convitti e simili: numero dei
posti effettivamente previsti;
spazi riservati ai visitatori: 0,4 persone/m2.
4.2
- Capacità di deflusso
1.
Ai fini del dimensionamento delle uscite, le capacità di deflusso non devono
essere superiori ai seguenti valori:
50
per piani con pavimento a quota compresa tra più o meno un metro rispetto al
piano di uscita dall’edificio;
37,5
per piani con pavimento a quota compresa tra più o meno 7,5 m rispetto al
piano di uscita dall’edificio;
33
per piani con pavimento a quota al di sopra o al di sotto di più o meno 7,5
m rispetto al piano di uscita dall’edificio.
4.3
- Esodo orizzontale progressivo
1.
Tutti i piani che contengono aree di
tipo D, devono essere progettati in
modo da consentire l’esodo orizzontale progressivo.
2.
Per conseguire tale obiettivo ciascun piano deve essere suddiviso in almeno
due compartimenti. Ciascun compartimento deve poter contenere in situazioni
di emergenza, oltre ai suoi normali occupanti, il numero di persone previste
per il compartimento adiacente con la capienza più alta, considerando una
superficie media di 0,70 m2/persona. Tale superficie deve essere
elevata a 1,50 m2/persona qualora l’evacuazione dei degenti debba
necessariamente avvenire su letti o barelle.
4.4
- Sistemi di vie d’uscita
1. I
compartimenti in cui risultano suddivise le aree di cui al
punto 3.3 devono essere provvisti di
un sistema organizzato di vie d’uscita, dimensionato in base al massimo
affollamento previsto per i singoli compartimenti in funzione della capacità
di deflusso e che adduca verso un luogo sicuro.
2. I
percorsi del sistema di vie di uscita comprendono corridoi, vani di accesso
alle scale e di uscita all’esterno, scale, rampe e passaggi in genere.
3.
Nella predisposizione dei sistemi di vie di uscita dovranno essere tenute
presenti le disposizioni vigenti in materia di superamento ed eliminazione
delle barriere architettoniche di cui al
decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1996, n. 503 (supplemento ordinario
Gazzetta Ufficiale
n. 227, del 27 settembre 1996).
4.5
- Lunghezza delle vie d’uscita al piano
1.
Il percorso di esodo, misurato a partire dalla porta di ciascun locale
nonché da ogni punto dei locali ad uso comune, non può essere superiore a:
40 m
per raggiungere un’uscita su luogo sicuro o su scala di sicurezza esterna;
30 m
per raggiungere un’uscita su scala protetta.
2.
Nei piani destinati ad aree di
tipo D, progettati in modo da
garantire l’esodo orizzontale progressivo, deve essere possibile
raggiungere, partendo da qualsiasi punto di un compartimento, un
compartimento attiguo od un percorso orizzontale protetto ad esso adducente,
con percorsi di lunghezza non superiore a 30 m.
3.
Sono ammessi corridoi ciechi di lunghezza non superiore a 15 m.
4.6
- Caratteristiche delle vie d’uscita
1.
La larghezza utile delle vie d’uscita deve essere misurata deducendo
l’ingombro di eventuali elementi sporgenti con esclusione degli estintori.
Tra gli elementi sporgenti non sono considerati quelli posti ad altezza
superiore a 2 m ed eventuali corrimano lungo le pareti, con ingombro non
superiore ad 8 cm.
2.
L'altezza dei percorsi delle vie d’uscita deve essere, in ogni caso, non
inferiore a 2 m.
3. I
pavimenti in genere ed i gradini in particolare non devono avere superfici
sdrucciolevoli.
4.
E’ vietato disporre specchi che possano trarre in inganno sulla direzione
dell’uscita.
5.
Le porte che si aprono sulle vie di uscita non devono ridurre la larghezza
utile delle stesse.
6.
Le vie di uscita devono essere tenute sgombre da materiali che possono
costituire impedimento al regolare deflusso delle persone.
4.7
- Larghezza delle vie di uscita
1.
La larghezza utile delle vie di uscita deve essere multipla del modulo di
uscita e non inferiore a due moduli (1,20 m). La misurazione della larghezza
delle uscite deve essere eseguita nel punto più stretto della luce.
2.
Nelle aree di
tipo D, la profondità dei
pianerottoli delle scale, con cambi di direzione di 180°, deve essere non
inferiore a 2 m, misurata nella direzione dell’asse delle rampe, per
consentire la movimentazione di letti o barelle in caso di emergenza.
4.8
- Larghezza totale delle vie d’uscita
1.
La larghezza totale delle uscite da ogni piano, espressa in numero di
moduli, deve essere determinata dal rapporto tra il massimo affollamento
previsto e la capacità di deflusso del piano.
2.
Per le strutture sanitarie che occupano più di due piani fuori terra, la
larghezza totale delle vie d’uscita verticali che conducono al piano di
uscita dall’edificio, deve essere calcolata sommando il massimo affollamento
previsto in due piani consecutivi, con riferimento a quelli aventi maggiore
affollamento.
3.
Le eventuali scale mobili non devono essere computate ai fini della
larghezza delle uscite.
4.9
- Sistemi di apertura delle porte e di eventuali infissi
1.
Le porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite
di piano devono aprirsi nel verso dell’esodo a semplice spinta mediante
l’azionamento di dispositivi a barra orizzontale. Esse vanno previste a uno
o due battenti. I battenti delle porte, quando sono aperti, non devono
ostruire passaggi, corridoi e pianerottoli.
2.
Qualora, per necessità connesse a particolari patologie dei ricoverati, sia
necessario cautelarsi da un uso improprio delle uscite, è consentita
l’adozione di idonei e sicuri sistemi di controllo ed apertura delle porte
alternativi a quelli sopra previsti. In tali casi, tutto il personale
addetto al reparto deve essere a conoscenza del particolare sistema di
apertura ed essere capace di utilizzarlo in caso di emergenza.
3.
E’ consentito installare porte d’ingresso di tipo scorrevole con azionamento
automatico, unicamente se apribili a spinta verso l’esterno (con dispositivo
o modo di azione opportunamente segnalati) e restare in posizione di
apertura in assenza di alimentazione elettrica. In prossimità di tali porte,
in posizione segnalata e facilmente accessibile, deve essere posto un
dispositivo di blocco nella posizione di apertura.
4.
Le porte comprese quelle di ingresso, devono aprirsi su area piana, di
profondità almeno pari a quella delle porte stesse.
5.
Qualora l’utilizzo di porte resistenti al fuoco dotate di dispositivo di
autochiusura ed installate lungo le vie di uscita, in corrispondenza di
compartimentazioni o nei filtri a prova di fumo, dovesse determinare
intralcio o difficoltà alle persone che devono utilizzare tali percorsi, è
consentito che le porte stesse siano tenute in posizione aperta tramite
appositi dispositivi elettromagnetici che ne consentano il rilascio a
seguito di:
attivazione dell’impianto di rivelazione automatica di incendio;
attivazione del sistema di allarme incendio;
mancanza di alimentazione elettrica;
intervento manuale su comando posto in prossimità delle porte in posizione
segnalata.
6.
Nei filtri a prova di fumo aerati direttamente verso l’esterno, qualora
specifiche esigenze funzionali dovessero richiedere l’installazione di
elementi di chiusura delle aperture di aerazione, è consentito installare
infissi purché apribili automaticamente a seguito dell’attivazione del
dispositivo elettromagnetico di chiusura delle porte resistenti al fuoco del
filtro stesso. In ogni caso, tali infissi devono essere dotati anche di
dispositivo di apertura a comando manuale, posto in posizione segnalata.
4.10
- Numero di uscite
1.
Le uscite da ciascun piano dell’edificio non devono essere inferiori a due,
ed essere posizionate in punti ragionevolmente contrapposti .
5.
- AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO
5.1
- Generalità
1.
Gli impianti ed i servizi tecnologici devono essere realizzati a regola
d’arte e devono essere sezionabili sia centralmente che localmente da
posizioni segnalate e facilmente accessibili. Gli impianti di produzione
calore devono essere di tipo centralizzato.
2.
Nei filtri a prova di fumo devono prevedersi intercettazioni a comando
manuale, ubicate in apposito quadro, dei seguenti impianti a servizio dei
compartimenti attigui:
impianto elettrico;
impianto di distribuzione dei gas medicali;
impianto di condizionamento e ventilazione.
3.
All’interno dei filtri devono essere ripetuti in apposito pannello i segnali
relativi allo stato di servizio dei seguenti impianti dei compartimenti
attigui:
impianto elettrico;
impianto di distribuzione dei gas medicali;
rete
idrica antincendio;
impianto di rivelazione e allarme.
5.2
- Locali adibiti a depositi e servizi generali
5.2.1
- Locali adibiti a deposito di materiale combustibile per le esigenze
giornaliere dei reparti
1.
E’ consentito destinare a deposito di materiali combustibili per le esigenze
giornaliere dei reparti, locali di superficie limitata e comunque non
eccedente i 10 mq, anche privi di aerazione naturale, alle seguenti
condizioni:
carico di incendio non superiore a 30 kg/mq di legna standard;
strutture di separazione con caratteristiche non inferiori REI 30;
porte di accesso con caratteristiche non inferiori a REI 30, munite di
dispositivo di autochiusura;
rilevatore di fumo collegato all’impianto di allarme;
un
estintore portatile d’incendio avente carica minima pari a 6 kg di capacità
estinguente non inferiore a 2lA 89B C.
5.2.2
- Locali destinati a deposito di materiale combustibile aventi superficie
non superiore a 50 m2
1.
Possono essere ubicati anche in aree di
tipo C e
D; la comunicazione deve avvenire
unicamente con gli spazi riservati alla circolazione interna. Le strutture
di separazione e le porte di accesso, munite di dispositivo di autochiusura,
devono possedere caratteristiche almeno REI 60.
2.
Il carico di incendio deve essere limitato a 30 Kg/m2 di legna
standard e deve essere inStallato un impianto automatico di rivelazione ed
allarme incendio. Il limite del carico di incendio può essere elevato fino a
60 kg/m2 qualora il locale sia protetto da impianto di
spegnimento automatico.
3.
La ventilazione naturale non deve essere inferiore ad 1/40 della superficie
in pianta. Ove non sia possibile raggiungere per l’aerazione naturale il
rapporto di superficie predetto, è ammesso il ricorso alla aerazione
meccanica con portata di 3 volumi ambiente/ora, da garantire anche in
situazioni di emergenza, sempreché sia assicurata una superficie di
aerazione naturale pari almeno al 25% di quella richiesta. L ‘aerazione
naturale può essere ottenuta anche tramite camini di ventilazione. Qualora
l’aerazione naturale non dovesse essere compatibile con particolari esigenze
di asetticità dei locali, gli stessi devono essere provvisti di un impianto
meccanico di immissione e di estrazione dell’aria in grado di assicurare una
portata pari ad almeno 6 volumi ambiente/ora, da garantire anche in
situazioni di emergenza.
4.
In prossimità della porta di accesso al locale deve essere installato un
estintore portatile avente carica minima pari a 6 kg e capacità estinguente
non inferiore a 34A 144B C.
5.2.3
- Locali destinati a deposito di materiale combustibile con superficie
massima di 500 m2
1.
Possono essere ubicati all’interno della struttura sanitaria con esclusione
dei piani adibiti ad aree di
tipo C e
D.
2.
L'accesso può avvenire dall’esterno:
da
spazio scoperto;
da
intercapedine antincendio di larghezza non inferiore a 0,90 m;
oppure dall’interno, esclusivamente dagli spazi riservati alla circolazione
interna, con esclusione dei percorsi orizzontali protetti, tramite filtro a
prova di fumo.
3. I
locali devono avere almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15% del
perimetro, attestata su spazio scoperto o, nel caso di locali interrati, su
intercapedine antincendi.
4.
Le strutture di separazione devono possedere caratteristiche almeno REI 90.
5.
Deve essere installato un impianto automatico di rivelazione ed allarme
incendio ed un impianto idrico antincendio con idranti DN 45. Inoltre
all’interno dei locali deve essere previsto un congruo numero di estintori
portatili aventi carica minima pari a 6 kg e capacità estinguente non
inferiore a 34A 144B C.
6.
Qualora sia superato il valore del carico di incendio di 30 kg/m2
di legna standard o i 300 m2 di superficie, il deposito deve
essere protetto con impianto di spegnimento automatico.
7.
L’aerazione naturale deve essere non inferiore ad 1/40 della superficie in
pianta del locale.
5.2.4
- Depositi di sostanze infiammabili
1.
Devono essere ubicati al di fuori del volume del fabbricato.
2.
E’ consentito detenere all’interno del volume dell’edificio, in armadi
metallici dotati di bacino di contenimento, prodotti liquidi infiammabili in
quantità strettamente necessaria per le esigenze igienicosanitarie. Tali
armadi possono essere ubicati nelle infermerie di piano nonché nei locali
deposito dotati della prescritta superficie di aerazione naturale.
5.2.5
- Locali adibiti a servizi generali (laboratori di analisi e ricerca,
laboratori o locali ove si detengono, impiegano o manipolano sostanze
radioattive, lavanderie, sterilizzazione, inceneritori, ecc.)
1.
In relazione all’oggettivo più elevato livello di rischio connesso con i
locali adibiti a servizi generali (laboratori di analisi e ricerca,
laboratori o locali ove si detengono, impiegano o manipolano sostanze
radioattive, lavanderie, sterilizzazione, inceneritori, ecc.), si richiede
che tali locali siano posti ad adeguata distanza rispetto alle aree di tipo
C e D. I locali, fatto salvo quanto previsto dalle specifiche normative di
prevenzione incendi, devono avere strutture di separazione e porte di
accesso, munite di dispositivo di autochiusura, con caratteristiche almeno
REI 90.
2. I
servizi di lavanderia e sterilizzazione, qualora superino i valori di carico
d’incendio di 30 kg/m2, devono essere protetti con impianto di
spegnimento automatico.
3.
Gli inceneritori devono essere realizzati a regola d’arte nel rispetto delle
vigenti norme di sicurezza.
5.3
- Impianti di distribuzione dei gas
5.3.1
- Distribuzione dei gas combustibili
1.
Le condutture principali dei gas combustibili devono essere a vista ed
esterne al fabbricato. In alternativa, nel caso di gas con densità relativa
inferiore a 0,8, è ammessa la sistemazione in cavedi direttamente e
permanentemente aerati in sommità. In caso di eventuali brevi
attraversamenti di locali tecnici, le tubazioni devono essere poste in
guaina di classe zero di reazione al fuoco, aerata alle due estremità verso
l’esterno e di diametro superiore di almeno 2 cm rispetto alla tubazione
interna.
2.
All’interno delle strutture sanitarie non è consentito impiegare ed
introdurre bombole di gas combustibili.
5.3.2
- Distribuzione dei gas medicali
1.
La distribuzione dei gas medicali all’interno delle strutture sanitarie deve
avvenire mediante impianti centralizzati rispondenti ai seguenti criteri:
a)
allo scopo di evitare che un incendio sviluppatosi in una zona della
struttura comporti la necessità di interrompere l’alimentazione dei gas
medicali anche in zone non coinvolte dall’incendio stesso, la disposizione
geometrica delle tubazioni della rete primaria deve essere tale da garantire
l’alimentazione di altri compartimenti. Ciò è realizzato, ad esempio,
mediante una rete primaria disposta ad anello e collegata alla centrale di
alimentazione in punti contrapposti. L’impianto di un compartimento non deve
essere derivato da un altro compartimento, ma direttamente dalla rete di
distribuzione primaria;
b)
l’impianto di distribuzione dei gas medicali deve essere compatibile con il
sistema di compartimentazione antincendio e permettere l’interruzione della
erogazione dei gas mediante dispositivi di intercettazione manuale posti
all’esterno di ogni compartimento in posizione accessibile e segnalata;
idonei cartelli, inoltre, devono indicare i tratti di impianto sezionabili a
seguito della manovre di intercettazione;
c)
le reti di distribuzione dei gas medicali devono essere disposte in modo
tale da non entrare in contatto con reti di altri impianti tecnologici ed
elettrici. Devono essere altresì opportunamente protette da azioni
meccaniche e poste a distanza adeguata da possibili fattori di
surriscaldamento. La distribuzione all’interno del compartimento deve
avvenire in modo da non determinare sovrapposizioni con altri impianti.
Eventuali sovrapposizioni per attraversamenti sono consentite mediante
separazione fisica dagli altri impianti ovvero adeguato distanziamento.
d) i
cavedi attraversati dagli impianti di gas medicali devono essere ventilati
con aperture la cui posizione sarà funzione della densità dei gas
interessati;
e)
gli impianti di distribuzione dei gas medicali devono essere realizzati e
sottoposti ad interventi di controllo e manutenzione nel rispetto delle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle norme di buona
tecnica o, in assenza di dette nonne, delle istruzioni fornite dal
fabbricante e/o dall’installatore.
5.4
- Impianti di condizionamento e ventilazione
5.4.1
- Generalità
1.
Gli impianti di condizionamento e/o di ventilazione possono essere di tipo
centralizzato o localizzato. Tali impianti devono possedere requisiti che
garantiscano il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a)
non alterare le caratteristiche delle strutture di compartimentazione;
b)
evitare il ricircolo dei prodotti della combustione o di altri gas ritenuti
pericolosi;
c)
non produrre, a causa di avarie e/o guasti propri, fumi che si diffondano
nei locali serviti;
d)
non costituire elemento di propagazione di fumi e/o fiamme, anche nella fase
iniziale degli incendi.
2.
Tali obiettivi si considerano raggiunti se gli impianti vengono realizzati
come specificato ai seguenti punti.
5.4.2
- Impianti centralizzati
1.
Le unità di trattamento dell’aria e i gruppi frigoriferi non devono essere
installati nei locali dove sono ubicati gli impianti di produzione calore.
2. I
gruppi frigoriferi devono essere installati in appositi locali, realizzati
con strutture di separazione di caratteristiche di resistenza al fuoco non
inferiori a REI 60 ed accesso direttamente dall’esterno o tramite disimpegno
aerato di analoghe caratteristiche, munito di porte REI 60 dotate di
congegno di autochiusura.
3.
L’aerazione nei locali dove sono installati i gruppi frigoriferi non deve
essere inferiore a quella indicata dal costruttore dei gruppi stessi, con
una superficie minima non inferiore a 1/20 della superficie in pianta del
locale.
4.
Nei gruppi frigoriferi devono essere utilizzati come fluidi frigorigeni
prodotti non infiammabili e non tossici. I gruppi refrigeratori che
utilizzano soluzioni acquose di ammoniaca possono essere installati solo
all’esterno dei fabbricati o in locali aventi caratteristiche analoghe a
quelli delle centrali tecniche alimentate a gas.
5.
Le centrali frigorifere destinate a contenere gruppi termorefrigeratori ad
assorbimento a fiamma diretta devono rispettare le disposizioni di
prevenzione incendi in vigore per gli impianti di produzione calore,
riferite al tipo di combustibile impiegato.
6.
Non è consentito utilizzare aria di ricircolo proveniente da cucine,
autorimesse e comunque da spazi a rischio specifico.
5.4.3
- Condotte aerotermiche
1.
Le condotte aerotermiche devono essere realizzate in materiale di classe 0
di reazione al fuoco e le tubazioni flessibili di raccordo in materiale di
classe 2.
2.
Le condotte non devono attraversare:
luoghi sicuri, che non siano a cielo libero;
vani
scala e vani ascensore;
locali che presentino pericolo di incendio, di esplosione e di scoppio.
3.
Qualora, per tratti limitati, non fosse possibile rispettare quanto sopra
indicato, le condotte devono essere separate con strutture REI di classe
pari al compartimento interessato ed intercettate con serrande tagliafuoco
aventi analoghe caratteristiche.
4.
Negli attraversamenti di pareti e solai, lo spazio attorno alle condotte
deve essere sigillato con materiale di classe 0, senza tuttavia oStacolare
le dilatazioni delle stesse.
5.4.4
- Dispositivi di controllo
1.
Ogni impianto deve essere dotato di un dispositivo di comando manuale,
situato in un punto facilmente accessibile, per l’arresto dei ventilatori in
caso d’incendio.
2.
Inoltre gli impianti devono essere dotati di sistema di rivelazione di
presenza di fumo all’interno delle condotte che comandi automaticamente
l’arresto dei ventilatori e la chiusura delle serrande tagliafuoco.
L’intervento dei rivelatori deve essere segnalato nella centrale di
controllo.
3.
L’intervento dei dispositivi, sia manuali che automatici, non deve
permettere la rimessa in funzione dei ventilatori senza l’intervento manuale
dell’operatore.
5.4.5
- Schemi funzionali
1.
Per ciascun impianto deve essere predisposto uno schema funzionale in cui
risultino:
gli
attraversamenti di strutture resistenti al fuoco;
l’ubicazione delle serrande tagliafuoco;
l’ubicazione delle macchine;
l’ubicazione di rivelatori di fumo e del comando manuale;
lo
schema di flusso dell’aria primaria e secondaria;
la
logica sequenziale delle manovre e delle azioni previste in emergenza;
l’ubicazione del sistema antigelo.
5.4.6
- Impianti localizzati
1.
E’ consentito il condizionamento dell’aria a mezzo singoli apparecchi, a
condizione che il fluido refrigerante sia non infiammabile e non tossico. E’
comunque escluso l’impiego di apparecchiature a fiamma libera.
6.
- IMPIANTI ELETTRICI
1.
Gli impianti elettrici devono essere realizzati in conformità alla legge n.
186 del 1° marzo 1968. In particolare, ai fini della prevenzione degli
incendi, gli impianti elettrici:
a)
devono possedere caratteristiche strutturali, tensione di alimentazione o
possibilità di intervento individuate nel piano della gestione delle
emergenze tali da non costituire pericolo durante le operazioni di
spegnimento;
b)
non devono costituire causa primaria di incendio o di esplosione;
c)
non devono fornire alimento o via privilegiata di propagazione degli
incendi. Il comportamento al fuoco della membratura deve essere compatibile
con la specifica destinazione d’uso dei singoli locali;
d)
devono essere suddivisi in modo che un eventuale guasto non provochi la
messa fuori servizio dell’intero sistema (utenza);
e)
devono disporre di apparecchi di manovra ubicati in posizioni protette e
riportare chiare indicazioni dei circuiti cui si riferiscono.
2. I
seguenti sistemi utenza devono disporre di impianti di sicurezza:
a)
illuminazione;
b)
allarme;
c)
rivelazione;
d)
impianti di estinzione incendi;
e)
elevatori antincendio;
f)
impianto di diffusione sonora.
3.
La rispondenza alle vigenti norme di sicurezza deve essere attestata con la
procedura di cui alla legge n. 46 del 5 marzo 1990 e successivi regolamenti
di applicazione.
4.
L’alimentazione di sicurezza deve essere automatica ad interruzione breve <
0,5 sec, per gli impianti di rivelazione, allarme e illuminazione e ad
interruzione media < 15 sec, per elevatori antincendio, impianti idrici
antincendio ed impianto di diffusione sonora.
5.
Il dispositivo di carica degli accumulatori deve essere di tipo automatico e
tale da consentire la ricarica completa entro 12 ore.
6.
L’autonomia dell’alimentazione di sicurezza deve consentire lo svolgimento
in sicurezza del soccorso e dello spegnimento per il tempo necessario; in
ogni caso l’autonomia minima viene stabilita per ogni impianto come segue:
a)
rivelazione e allarme: 30 minuti primi;
b)
illuminazione di sicurezza: 2 ore;
c)
elevatori antincendio: 2 ore;
d)
impianti idrici antincendio: 2 ore;
e)
impianto di diffusione sonora: 2 ore;
7.
L’impianto di illuminazione di sicurezza deve assicurare un livello di
illuminazione, non inferiore a 5 lux ad 1 m di altezza dal piano di
calpestio, lungo le vie di uscita e nelle aree di tipo C e D.
8.
Sono ammesse singole lampade con alimentazione autonoma, purché assicurino
il funzionamento per almeno 2 ore.
9.
Il quadro elettrico generale e quelli di piano devono essere ubicati in
posizione facilmente accessibile, segnalata e protetta dall’incendio.
7.
- MEZZI ED IMPIANTI DI ESTINZIONE DEGLI INCENDI
7.1
- Generalità
1.
Le apparecchiature e gli impianti di estinzione degli incendi devono essere
realizzati ed installati a regola d’arte ed in conformità a quanto di
seguito indicato.
7.2
- Estintori
1.
Tutte le strutture sanitarie devono essere dotate di un adeguato numero di
estintori portatili da incendio, di tipo approvato dal Ministero
dell’interno, distribuiti in modo uniforme nell’area da proteggere; in modo
da facilitarne il rapido utilizzo in caso di incendio; a tal fine è
consigliabile che gli estintori siano ubicati:
lungo le vie di esodo, in prossimità degli accessi;
in
prossimità di aree a maggior pericolo.
2.
Gli estintori devono essere ubicati in posizione facilmente accessibile e
visibile in modo che la distanza che una persona deve percorrere per
utilizzarli non sia superiore a 30 m; appositi cartelli segnalatori devono
facilitarne l’individuazione, anche a distanza. Gli estintori portatili
devono essere installati in ragione di almeno uno ogni 100 m2 di
pavimento, o frazione, con un minimo di due estintori per piano o per
compartimento e di uno per ciascun impianto a rischio specifico.
3.
Salvo quanto specificatamente previsto al
punto 5.2.1, gli estintori portatili
devono avere carica minima pari a 6 kg e capacità estinguente non inferiore
a 34A - 1448 C. Gli estintori a protezione di aree ed impianti a rischio
specifico devono avere agenti estinguenti di tipo idoneo all’uso previsto.
7.3
- Impianti di estinzione incendi
7.3.1
- Reti naspi e idranti
7.3.2.1
- GENERALITA'
1.
Per quanto riguarda i componenti degli impianti, le modalità di
installazione, i collaudi e le verifiche periodiche, le alimentazioni
idriche e i criteri di calcolo idraulico delle tubazioni, si applicano le
norme UNI vigenti.
2.
Per i criteri di dimensionamento degli impianti si applica quanto di seguito
indicato.
7.3.2.2
- TIPOLOGIA DEGLI IMPIANTI
1.
La tipologia delle reti idriche a naspi o idranti è fissata dalla seguente
tabella in funzione del numero di posti letto:
Numero posti letto |
Tipo di impianto |
Fino a 100 |
Impianti costituiti da naspi DN 25 |
Oltre 100 fino a 300 |
Impianti costituiti da idranti DN 45 |
Oltre 300 |
Impianti costituiti da idranti interni DN 45 ed idranti esterni DN 70 |
Per
le strutture sanitarie articolate in diversi corpi di fabbrica separati da
spazi scoperti, la tipologia degli impianti può essere correlata al numero
dei posti letto del singolo corpo, purché le eventuali comunicazioni di
servizio (tunnel di collegamento interrati o fuori terra, cunicoli tecnici e
simili) siano protette, in corrispondenza di ciascun innesto con gli
edifici, con sistemi di compartimentazione conformi al
punto 3.1.
7.3.2.3
- CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI E DI ALIMENTAZIONE
1.
Devono essere garantite le seguenti caratteristiche idrauliche minime:
a)
per i naspi DN 25, una portata per ciascun naspo non minore di 60 l/min ad
una pressione residua di almeno 2 bar, considerando simultaneamente
operativi non meno di 4 naspi nella posizione idraulicamente più
sfavorevole;
b)
per gli idranti DN 45, una portata per ciascun idrante non minore di 120 l/min
ad una pressione residua di almeno 2 bar, considerando simultaneamente
operativi non meno di 3 idranti nella posizione idraulicamente più
sfavorevole. In presenza di più colonne montanti, l’impianto deve avere
caratteristiche tali da garantire per ogni montante le condizioni idrauliche
e di contemporaneità sopra indicate e di assicurare, per tali condizioni, il
funzionamento contemporaneo di almeno due colonne montanti;
c)
per gli idranti esterni DN 70, il funzionamento di almeno 4 idranti nella
posizione idraulicamente più sfavorevole, con una portata minima per ciascun
idrante di 300 l/min a 4 bar, senza contemporaneità con gli idranti interni.
2.
L’autonomia degli impianti idrici antincendio non deve essere inferiore a 60
minuti primi.
3.
Per strutture sanitarie con oltre 100 posti letto l’alimentazione idrica
degli impianti antincendio deve essere di <<tipo superiore>> secondo le
norme UNI vigenti.
7.3.3
- Impianto di spegnimento automatico
1.
Oltre che nei casi previsti ai punti precedenti, deve essere installato un
impianto di spegnimento automatico a protezione di ambienti con carico di
incendio superiore a 30 kg/m2 di legna standard.
2.
Tali impianti, devono utilizzare agenti estinguenti compatibili con le
caratteristiche degli ambienti da proteggere e con i materiali e le
apparecchiature ivi presenti, ed essere realizzati a regola d’arte secondo
le vigenti norme di buona tecnica.
8.
- IMPIANTI DI RIVELAZIONE, SEGNALAZIONE E ALLARME
8.1
- Generalità
1.
Nelle strutture sanitarie deve essere prevista l’installazione in tutte le
aree di:
segnalatori di allarme incendio del tipo a pulsante manuale opportunamente
distribuiti ed ubicati, in ogni caso, in prossimità delle uscite;
impianto fisso di rivelazione e segnalazione automatica degli incendi in
grado di rilevare e segnalare a distanza un principio d’incendio.
8.2
- Caratteristiche
1.
L’impianto deve essere progettato e realizzato a regola d’arte secondo le
vigenti norme di buona tecnica.
2.
La segnalazione di allarme proveniente da uno qualsiasi dei rivelatori
utilizzati deve determinare una segnalazione ottica ed acustica di allarme
incendio presso il centro di gestione delle emergenze.
3.
L'impianto deve consentire l’azionamento automatico dei dispositivi di
allarme posti nell’attività entro:
a)
un primo intervallo di tempo dall’emissione della segnalazione di allarme
proveniente da due o più rivelatori o dall’azionamento di un qualsiasi
pulsante manuale di segnalazione di incendio;
b)
un secondo intervallo di tempo dall’emissione di una segnalazione di allarme
proveniente da un qualsiasi rivelatore, qualora la segnalazione presso la
centrale di controllo e segnalazione non sia tacitata dal personale
preposto.
I
predetti intervalli di tempo devono essere definiti in considerazione della
tipologia dell’attività e dei rischi in essa esistenti nonché di quanto
previsto nel piano di emergenza.
4.
Qualora previsto dalla presente disposizione o nella progettazione
dell’attività, l’impianto di rivelazione deve consentire l’attivazione
automatica di una o più delle seguenti azioni:
chiusura automatica di eventuali porte tagliafuoco, normalmente mantenute
aperte, appartenenti al compartimento antincendio da cui è pervenuta la
segnalazione, tramite l’attivazione degli appositi dispositivi di chiusura;
disattivazione elettrica degli eventuali impianti di ventilazione e/o
condizionamento;
chiusura di eventuali serrande tagliafuoco esistenti poste nelle
canalizzazioni degli impianti di ventilazione e/o condizionamento riferite
al compartimento da cui proviene la segnalazione;
eventuale trasmissione a distanza delle segnalazioni di allarme in posti
predeterminati in un piano operativo interno di emergenza.
5.
I rivelatori istallati nelle camere di degenza, in locali non sorvegliati e
in aree non direttamente visibili, devono far capo a dispositivi ottici di
ripetizione di allarme installati lungo i corridoi.
8.3
- Sistemi di allarme
1.
Le strutture sanitarie devono essere dotate di un sistema di allarme in
grado di avvertire delle condizioni di pericolo in caso di incendio allo
scopo di dare avvio alle procedure di emergenza nonché alle connesse
operazioni di evacuazione. A tal fine devono essere previsti dispositivi
ottici ed acustici, opportunamente ubicati, in grado di segnalare il
pericolo a tutti gli occupanti del fabbricato o delle parti di esso
coinvolte dall’incendio.
2.
La diffusione degli allarmi sonori deve avvenire tramite impianto ad
altoparlanti.
3.
Le procedure di diffusione dei segnali di allarme devono essere
opportunamente pianificate nel documento di gestione delle emergenze.
9.
- SEGNALETICA DI SICUREZZA
1.
La segnaletica di sicurezza, espressamente finalizzata alla sicurezza
antincendi, deve essere conforme alle disposizioni di cui al decreto
legislativo 14 agosto 1996, n. 493 (supplemento ordinario Gazzetta
Ufficiale n. 223
del 23 settembre 1996). Deve, inoltre, essere osservato quanto prescritto
all’art. 1 del
decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1996, n. 503, in materia di eliminazione delle barriere
architettoniche.
10.
- ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO
10.1
- Generalità
1. I
criteri in base ai quali deve essere organizzata e gestita la sicurezza
antincendio, sono enunciati negli specifici punti del decreto del Ministero
dell’interno di concerto con il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale del 10 marzo 1998 (supplemento ordinario Gazzetta
Ufficiale n. 81
del 7 aprile 1998).
10.2
- Procedure da attuare in caso di incendio
1.
Oltre alle misure specifiche definite secondo i criteri di cui al precedente
punto 10.1, deve essere predisposto e
tenuto aggiornato un piano di emergenza, che deve indicare tra l’altro:
a)
le azioni che il personale addetto deve mettere in atto in caso di incendio
a salvaguardia dei degenti, degli utenti dei servizi e dei visitatori;
b)
le procedure per l’esodo degli occupanti.
10.3
- Centro di gestione delle emergenze
1.
Ai fini del necessario coordinamento delle operazioni da affrontare in
situazioni di emergenza, deve essere predisposto un apposito centro di
gestione delle emergenze.
2.
Nelle strutture sanitarie fino a 100 posti letto, il centro di gestione
delle emergenze può eventualmente coincidere con il locale portineria, se di
caratteristiche idonee. Nelle strutture sanitarie con oltre 100 posti letto,
il centro di gestione delle emergenze deve essere previsto in apposito
locale costituente compartimento antincendio e dotato di accesso diretto
dall’esterno. Il centro deve essere dotato di strumenti idonei per ricevere
e trasmettere comunicazioni e ordini con gli operatori dell’emergenza, con
le aree della struttura e con l’esterno. In esso devono essere installate le
centrali di controllo e segnalazione degli incendi nonché di attivazione
degli impianti di spegnimento automatico e quanto altro ritenuto necessario
alla gestione delle emergenze.
3.
All’interno del centro di gestione delle emergenze devono essere custodite
le planimetrie dell’intera struttura riportanti l’ubicazione delle vie di
uscita, dei mezzi e degli impianti di estinzione e dei locali a rischio
specifico, gli schemi funzionati degli impianti tecnici con l’indicazione
dei dispositivi di arresto, il piano di emergenza, l’elenco completo del
personale, i numeri telefonici necessari in caso di emergenza, ecc.
4.
Il centro di gestione delle emergenze deve essere accessibile al personale
responsabile della gestione dell’emergenza, ai Vigili del Fuoco, alle
Autorità esterne e deve essere presidiato da personale all’uopo incaricato.
11.
- INFORMAZIONE E FORMAZIONE
1.
La formazione e l’informazione del personale deve essere attuata secondo i
criteri di base enunciati negli specifici punti del decreto del Ministero
dell’interno di concerto con il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale del 10 marzo 1998.
12.
- ISTRUZIONI DI SICUREZZA
12.1
- Istruzioni da esporre a ciascun piano
1.
In ciascun piano della struttura sanitaria, in prossimità degli accessi,
lungo i corridoi e nelle aree di sosta, devono essere esposte, bene in
vista, precise istruzioni relative al comportamento del personale e del
pubblico in caso di emergenza corredate da planimetrie del piano medesimo
che riportino, in particolare, i percorsi da seguire per raggiungere le
scale e le uscite.
12.2
- Istruzioni da esporre nei locali cui hanno accesso degenti, utenti e
visitatori
1.
In ciascun locale precise istruzioni, esposte bene in vista, devono indicare
il comportamento da tenere in caso di incendio.
2.
Le istruzioni devono essere accompagnate da una planimetria semplificata del
piano, che indichi schematicamente la posizione del locale rispetto alle vie
di esodo, alle scale ed alle uscite. Le istruzioni devono richiamare il
divieto di usare i comuni ascensori in caso di incendio ed eventuali altri
divieti.
TITOLO III
STRUTTURE ESISTENTI CHE EROGANO PRESTAZIONI IN REGIME DI RICOVERO
OSPEDALIERO E/O IN REGIME RESIDENZIALE
chiarimento: per
effetto dei commi 1 e 4 dell’art. 4 il titolo II si applica alle strutture
esistenti:
–
ospedaliere, a ciclo continuativo, qualunque sia il numero di posti letto;
–
residenziali, a ciclo continuativo, con oltre 25 posti letto;
–
ospedaliere e residenziali, a ciclo diurno, con oltre 25 posti letto
13
- DEFINIZIONI E CLASSIFICAZIONI
1.
Si applica quanto previsto al
Titolo I.
14
- UBICAZIONE
1.
Devono essere osservati i
punti 2.1, e
2.2 del Titolo II.
15
- CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE
15.1
- Resistenza al fuoco delle strutture e dei sistemi di compartimentazione
1.
Le strutture e i sistemi di compartimentazione devono garantire
rispettivamente requisiti di resistenza al fuoco R e REI secondo quanto
sotto riportato:
piani interrati |
R/REI 90 |
edifici di altezza antincendio fino a 24 m |
R/REI 60 |
edifici di altezza antincendio oltre 24 m |
R/REI 90 |
2.
Deve essere osservato quanto stabilito al
punto 3.1, commi 2, e 3.
15.2
- Reazione al fuoco dei materiali
1. I
materiali installati devono essere conformi a quanto specificato al
punto 3.2.
2.
E' consentito mantenere in uso mobili imbottiti e sedie non imbottite non
rispondenti ai requisiti previsti, rispettivamente, alle lettere e) e g) del
citato
punto 3.2.
15.3
- Compartimentazione
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 3.3.
15.4
- Limitazioni alle destinazioni d’uso dei locali
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 3.4, ad eccezione del comma 1.
15.5
- Scale
1.
Tutte le scale devono essere almeno di tipo protetto, con caratteristiche di
resistenza al fuoco congrue con quanto previsto al
punto 15.1.
2.
Le scale a servizio di edifici di altezza antincendi superiore a 24 m,
destinati anche in parte ad aree di
tipo D, devono essere a prova di
fumo.
3.
Le scale, sia protette che a prova di fumo, devono immettere, direttamente o
tramite percorso orizzontale protetto, in luogo sicuro all’esterno
dell’edificio.
4.
Sono ammesse scale di sicurezza esterna in alternativa alle scale a prova di
fumo.
5.
Fermo restando la presenza di almeno una scala avente larghezza non
inferiore a 1,20 m, sono ammesse scale di larghezza non inferiore a 0,90 m,
computate come un modulo ai fini del calcolo del deflusso.
6.
Sono ammesse rampe non rettilinee, a condizione che vi siano pianerottoli di
riposo almeno ogni quindici gradini e che la pedata del gradino sia di
almeno 30 cm, misurata a 40 cm dal montante centrale o dal parapetto
interno.
7. I
vani scala privi di aperture di aerazione su parete esterna, devono essere
provvisti di aperture di aerazione in sommità di superficie non inferiore ad
1 m2, con sistema di apertura degli infissi comandato sia
automaticamente da rivelatori di incendio che manualmente mediante
dispositivo posto in prossimità dell’entrata alle scale, in posizione
segnalata.
15.6
- Ascensori e montacarichi
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 3.6; le caratteristiche di
resistenza al fuoco devono essere conformi a quanto previsto al
punto 15.1.
15.7
- Montalettighe utilizzabili in caso di incendi
2.
Gli edifici di altezza antincendi superiore a 12 m, destinati anche in parte
ad aree di
tipo D, devono disporre almeno di un
monta lettighe utilizzabile in caso di incendio rispondente ai requisiti
previsti al
punto 3.6.1.
15.8
- Ammissibilità di una sola scala
1.
Per gli edifici aventi altezza antincendio fino a 12 metri è ammessa la
presenza di una sola scala, almeno di tipo protetto, a servizio dei piani
fuori terra, di larghezza non inferiore a 1,20 m, purché raggiungibile con
percorsi di esodo, misurati a partire dalla porta di ciascun locale, non
superiori a 15 m, incrementabili fino a 25 m alle seguenti condizioni:
le
pareti di separazione dei locali che si affacciano su tali percorsi abbiano
caratteristiche non inferiori a REI 30;
le
porte dei locali aventi accesso da tali percorsi abbiano caratteristiche non
inferiori a REI 30 e siano dotate di dispositivo di autochiusura; le porte
normalmente tenute in posizione aperta, devono essere munite di dispositivo
di rilascio elettromagnetico secondo quanto riportato al punto 4.9, comma 5;
tutti i materiali di rivestimento siano di classe 0 di reazione al fuoco.
2. I
piani interrati devono essere serviti da almeno due uscite, per ciascun
piano, adducenti verso luogo sicuro.
16
- MISURE PER L’ESODO DI EMERGENZA
16.1
- Affollamento
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 4.1.
16.2
- Capacità di deflusso
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 4.2.
16.3
- Esodo orizzontale progressivo
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 4.3.
16.4
- Sistemi di vie d’uscita
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 4.4.
16.5
- Lunghezza delle vie d’uscita al piano
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 4.5, commi 1.e 2.
2.
Sono ammessi corridoi ciechi di lunghezza superiore a 15 m e fino a 25 m a
condizione che:
le
pareti di separazione dei locali che si affacciano su tali corridoi abbiano
caratteristiche non inferiori a REI 30;
le
porte dei locali aventi accesso da tali corridoi abbiano caratteristiche non
inferiori a REI 30 e siano dotate di dispositivo di autochiusura; le porte
normalmente tenute in posizione aperta, devono essere munite di dispositivo
di rilascio elettromagnetico secondo quanto riportato al punto 4.9, comma 5;
tutti i materiali di rivestimento siano di classe 0 di reazione al fuoco.
16.6
- Caratteristiche delle vie d’uscita
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 4.6.
16.7
- Larghezza delle vie di uscita
1.
Fermo restando la presenza di almeno una via di uscita conforme al
punto 4.7, comma 1, sono consentite
vie di uscita di larghezza non inferiore a 0,9 m da computarsi come un
modulo ai fini del calcolo del deflusso. La misurazione della larghezza
delle uscite deve essere eseguita nel punto più stretto della luce.
16.8
- Larghezza totale delle vie d’uscita
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 4.8.
16.9
- Sistemi di apertura delle porte
1.
Si applicano le disposizioni di cui al
punto 4.9.
16.10
- Numero di uscite
Si
applicano le disposizioni di cui al
punto 4.10, fatto salvo il caso in
cui è ammessa la presenza di una sola scala.
17
- AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO, IMPIANTI, GESTIONE DELLA SICUREZZA
ED ALTRE DISPOSIZIONI
1.
Si applicano le disposizioni di cui ai
punti 5 (ad eccezione del punto 5.1,
commi 2 e 3),
6,
7,
8,
9,
10,
11,
12, del Titolo II.
2.
Su specifica autorizzazione dell’autorità sanitaria competente, è consentito
che la distribuzione dei gas medicali avvenga mediante singole bombole,
munite di idoneo sistema di riduzione della pressione, sotto l’osservanza
delle seguenti prescrizioni:
a)
le procedure di utilizzazione di gas in bombole all’interno dei reparti e
dei servizi devono formare oggetto di specifica trattazione nel documento di
cui all’art. 4 del decreto legislativo n. 626/1994. Inoltre, il montaggio e
lo smontaggio dei riduttori deve essere affidato esclusivamente a personale
specializzato e formato ed è vietato il caricamento delle bombole mediante
travaso;
b)
il riduttore e i flussometri devono essere protetti dalle azioni meccaniche.
All’interno dei reparti le bombole devono essere adeguatamente posizionate
al fine di evitare cadute accidentali;
c) è
vietato depositare, anche in via temporanea, le bombole lungo qualsiasi via
di esodo;
d) è
vietato l’utilizzo di gas in bombole in locali con presenza di visitatori
non autorizzati all’assistenza.
TITOLO IV
STRUTTURE CHE EROGANO PRESTAZIONI DI ASSISTENZA SPECIALISTICA IN REGIME
AMBULATORIALE, SIA ESISTENTI CHE DI NUOVA COSTRUZIONE
STRUTTURE, FINO A 25 POSTI LETTO, CHE EROGANO PRESTAZIONI A CICLO DIURNO IN
REGIME DI RICOVERO OSPEDALIERO E/O RESIDENZIALE, SIA ESISTENTI CHE DI NUOVA
COSTRUZIONE
STRUTTURE ESISTENTI, FINO A 25 POSTI LETTO, CHE EROGANO PRESTAZIONI IN
REGIME RESIDENZIALE A CICLO CONTINUATIVO
18.1
- Generalità
1.
Le strutture di cui al presente Titolo possono essere ubicate in edifici ad
uso civile, serviti anche da scale ad uso promiscuo.
18.2
- Strutture di superficie fino a 500 m2
1.
Devono essere osservate le seguenti prescrizioni:
strutture portanti e separanti almeno R/REI 30 per i piani fuori terra e
almeno R/REI 60 per i pianti interrati;
misure relative alle vie di uscita in grado di assicurare il sicuro esodo
degli occupanti e conformi almeno all’allegato III del
decreto ministeriale
10 marzo 1998. I locali ubicati ai piani interrati devono disporre, in ogni
caso, di almeno due vie di uscita alternative adducenti verso luoghi sicuri
dinamici;
impianti realizzati in conformità alla normativa vigente;
aree
ed impianti a rischio specifico conformi alle disposizioni di cui al
punto 5 (ad eccezione del punto 5.1,
commi 2 e 3), del Titolo II.
2.
Devono inoltre essere osservate le disposizioni di cui al Titolo II,
punti 7.2,
9,
10.1,
10.2,
11 e
12.
3.
Nelle strutture che erogano prestazioni a ciclo diurno in regime di ricovero
ospedaliero e/o residenziale, fino a 25 posti letto, deve essere installato
un impianto di allarme elettrico a comando manuale con dispositivi di
segnalazione ottici ed acustici.
18.3
- Strutture di superficie superiore a 500 m2
1.
Devono essere applicate le disposizioni previste per le aree di
tipo C di cui, rispettivamente:
al
Titolo II, per le strutture di nuova
costruzione e per quelle esistenti alla data di entrata in vigore del
presente decreto, nel caso siano oggetto di interventi comportanti la loro
completa ristrutturazione e/o il cambio di destinazione d’uso;
al
Titolo III per le strutture
esistenti.